Notizie dall’Italia e dal mondo 11/02/10

Sommario delle notizie:

  • TEST: Medici senza frontiere contro Cara di Bari: Situazione pesante

  • AIDS: A Pavia scatta l’allarme Aids, rischiano tutti

  • SANITÁ: Il Global Fund e il rafforzamento dei sistemi sanitari

  • AIDS: Diminuiscono le infezioni da HIV tra gli omosessuali

  • CARCERE: Lucca: la situazione sanitaria nel carcere di S. Giorgio è davvero preoccupante

  • CARCERE: LILA contro AIDS diffondere profilattici e siringhe

  • CARCERE: Dipartimento antidroga, in carcere nessuna emergenza

  • CARCERE: Il dipartimento antidroga smentisce il Ministro della Salute Fazio

  • CARCERE: “Caro Fazio, cominciamo a discuterne”. Leopoldo Grosso (Gruppo Abele) scrive al Ministro della Salute

  • CARCERE: Sintonia totale con il Ministero Della Salute

  • PREVENZIONE: Il preservativo fa parte della dotazione di base

  • AIDS: Cina: epidemia di Aids «psicosomatica»?

  • AIDS: Scoperto l’enzima che permette all’Hiv di replicarsi

  • AIDS: Nuova scoperta per bloccare il virus

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  • TEST: Medici senza frontiere contro Cara di Bari: Situazione pesante

    4 Feb 2010 – Gazzetta del Mezzogiorno – ROMA – Migranti sottoposti al test del virus dell’Hiv senza richiedere il consenso degli interessati. Avviene all’entrata del Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Bari in cui fra l’altro è «frequente» il ricorso al placebo. Lo denuncia Medici senza frontiere che oggi pomeriggio ha presentato nei locali della Camera il rapporto sui centri per migranti nel nostro paese. Il test dell’Hiv è effettuato – ha riferito Barbara Maccagno, coordinatrice medica dell’organizzazione – alle persone che entrano nel centro ma «non sono informate». Si sottopongono al test ospiti appartenenti a categorie a rischio o che presentano sintomi sospetti. La procedura seguita però «rappresenta una violazione dei diritti delle persone dei malati».
    Inoltre, sempre a Bari, ma nel Cie, Msf ha rilevato la presenza di farmaci scaduti. In genere, nei 21 centri indagati (fra Cie, Cara e Cda) la condizione sanitaria è particolarmente pesante: non esistono protocolli diagnostici e terapeutici generali a livello nazionale, mancano schede sanitarie individuali, c’è una scarsa collaborazione fra centri e sistema sanitario nazionale. Inoltre, sono spesso assenti i mediatori culturali che «a causa della barriera linguistica, compromette la qualità del servizio sanitario erogato».

  • AIDS: A Pavia scatta l’allarme Aids, rischiano tutti

    4 FEB 2010 – laprovinciapavese.gelocal.it – “Solo nel 2009 ottanta nuovi casi, in aumento la fascia 25-40 e gli ultrasessantenni”. Il direttore di Malattie Infettive del San Matteo propone di aumentare i test: “E i giovani non usano precauzioni”
    PAVIA. Due nuovi casi di infezione da hiv al giorno in Lombardia. «Solo nel 2009 a Pavia ne abbiamo registrati 80 che si aggiungono agli oltre 2mila già in cura» spiega il professor Lorenzo Minoli, direttore della clinica di Malattie Infettive del San Matteo. E sono in crescita.
    «Non si deve abbassare la guardia – avverte Minoli -. Noi infettivologi non ci teniamo a passare per Cassandre, ma i dati ci impediscono di chiudere gli occhi. I casi di infezione sono in aumento. Un terzo di quelli nazionali si concentra in Lombardia. E Pavia non si discosta dal trend negativo. Prima si diceva che colpiva solo alcune fasce a rischio, oggi nessuno si può sentire immune».
    Per questo Minoli lancia l’idea: proporre il test a tutti coloro che entrano in contatto con le strutture sanitarie. E a chi presenta sintomi che in un medico di famiglia attento, che conosce da anni il paziente, dovrebbero far scattare un campanello di allarme.
    I tossicodipendenti che una volta erano i più esposti, per l’uso promiscuo di siringhe, ora sono in calo. E cresce l’infezione tra gli eterossessuali di età compresa tra i 25 e i 40 anni. C’è poi una fascia in aumento di uomini sopra i 60. Mariti che si concedono scappatelle aiutati dai farmaci, magari durante viaggi all’estero o frequentando l’ambiente della prostituzione. E che poi tengono nascosta la malattia alla moglie. Sono gli uomini i più colpiti anche se le donne stanno aumentando. Questo emerge dall’esperienza pavese. Storie sussurrate, in ambulatorio, con imbarazzo e preoccupazione per la possibilità che la verità si traduca in un isolamento sociale e familiare. Un dato recente ma preoccupante riguarda i giovanissimi. «Abbiamo diagnosticato l’infezione in un 19enne – dice Minoli -. I giovani non usano precauzioni». Anche tra gli omosessuali la malattia cresce. «Sono stati i primi a sensibilizzarsi sulla prevenzione ma ora si registra una recrudescenza che si spiega solo con un abbassamento della guardia» dice Minoli

  • SANITÁ: Il Global Fund e il rafforzamento dei sistemi sanitari

    18 GEN 2010 – saluteinternazionale.info – Se i marziani scrutassero quanto avviene sulla Terra potrebbero pensare che solo tre malattie affliggono il genere umano: AIDS, tubercolosi e malaria. La realtà è più complessa e il Global Fund comincia a tenerne conto.
    Il Global Fund (GF) è un partenariato pubblico-privato (Global Health Partnership, GHP) varato nel 2001 al G8 di Genova con lo scopo di raccogliere e distribuire finanziamenti addizionali per la lotta contro l’AIDS, la tubercolosi e la malaria. Definito come “la madre di tutti i GHP”, è tra i principali nuovi player nell’arena della salute globale sia per l’entità dei finanziamenti (18,4 miliardi di USD di finanziamenti approvati per 572 programmi in 140 paesi), sia per gli effetti a livello di sistema che un tale approccio “verticale” di aiuto al settore sanitario comporta.Tra i risultati raggiunti a fine 2009, il GF annovera 2,5 milioni di persone in terapia per AIDS nei paesi a basso e medio reddito, 6 milioni di trattamenti DOTS per la tubercolosi, la distribuzione di 104 milioni di zanzariere medicate per la prevenzione della malaria, e 4,9 milioni di morti evitate in 6 anni. Anche se in ritardo per il contributo di 150 milioni di euro previsto per il 2009, l’Italia figura tra i principali donatori del GF – che ha assorbito negli ultimi anni circa il 50% della spesa per la cooperazione sanitaria italiana.
    Il GF prevede il sostegno a programmi indirizzati al controllo delle tre malattie “in modi tali che contribuiscano al rafforzamento dei sistemi sanitari”. Gli interventi ammessi al finanziamento sono selettivamente indirizzati a quelle funzioni del sistema, come la formazione di personale sanitario o l’approvvigionamento di farmaci, essenziali per la realizzazione dei programmi di prevenzione e trattamento delle tre malattie.
    Un tale approccio è definito come “diagonale” in quanto gli interventi indirizzati alle tre malattie possono avere ricadute positive anche a livello di sistema. In pratica il GF suggerisce di presentare programmi indirizzati ad agire su componenti del sistema sanitario (risorse umane, formazione, infrastrutture ed equipaggiamenti, pianificazione e gestione) che possano contrastare una o più delle tre malattie (“cross-cutting”). Classificando alla voce “rafforzamento dei sistemi sanitari” ben il 30% dei finanziamenti erogati il GF si accredita, insieme ad altri GHP come il PEPFAR e il GAVI, tra i principali finanziatori dei sistemi sanitari. Tuttavia, il GF non prevede una finestra per il finanziamento dei sistemi sanitari indipendente dalle tre malattie, né si occupa di priorità globali urgenti quali la gestione delle emergenze ostetriche o la mortalità infantile e perinatale.
    Il rafforzamento dei sistemi sanitari è ormai riconosciuto come una priorità inderogabile nell’agenda della salute globale, anche in riferimento ai diseguali risultati relativi agli Obiettivi del Millennio di competenza sanitaria: più del 50% degli aiuti allo sviluppo per il settore sanitario è destinato al controllo delle malattie infettive, soprattutto AIDS, e molto poco ai servizi di base. Come riportato negli studi di valutazione condotti dallo stesso GF, in molti distretti rurali dell’Africa sub-sahariana è più facile fare un test per l’HIV che non una misurazione dell’emoglobina per la diagnosi di anemia.
    Rafforzare dunque in modo comprensivo i blocchi costitutivi dei sistemi sanitari per ovviare alla loro frammentazione, ma anche per garantire l’efficacia stessa dei programmi di controllo delle singole malattie: malattie e servizi sanitari scadenti interagiscono, in maniera negativa, sullo stato di salute della popolazione.
    Alle iniziative sanitarie globali si rimprovera peraltro di mettere sotto stress ulteriore i sistemi sanitari nei paesi poveri, fragili e sottofinanziati dopo decenni di politiche neoliberiste, contribuendo alla fuga di personale e gravandoli con elevati costi di transazione. Ancora, l’aumento dell’aiuto allo sviluppo nel settore sanitario cui si è assistito nell’ultimo decennio è stato assorbito quasi per l’intero dalla lotta all’HIV/AIDS, con finanziamenti non addizionali che hanno sottratto risorse ad attività come il contrasto alla mortalità materna e neonatale.
    In questo quadro, il GF ha iniziato una trasformazione della sua politica strategica finalizzata a migliorare l’efficacia degli aiuti, incentrata su: a) una nuova architettura orientata al consolidamento dei vari progetti a livello paese in programmi di più lunga durata basati su strategie nazionali di controllo delle malattie; b) una nuova piattaforma per finanziare il rafforzamento dei sistemi sanitari congiuntamente con la Banca Mondiale e il GAVI, con un ruolo di facilitazione da parte dell’OMS. Per quanto questa seconda iniziativa, approvata all’ultima riunione del Board del GF tenutosi in Etiopia nello scorso novembre, riguardi più il “come” che il “che cosa” finanziare, si prevede che le tre agenzie coordinino l’implementazione di programmi volti al rafforzamento dei sistemi sanitari anche attraverso la fornitura di assistenza tecnica e favorendo lo sviluppo di competenze locali.
    Questa piattaforma ha avuto il disco verde da parte della delegazione statunitense al GF, in linea con la nuova iniziativa di salute globale proposta dalla presidenza Obama. All’abbandono degli approcci rigidamente verticali che avevano caratterizzato la politica sanitaria della precedente amministrazione, fa riscontro una rinnovata attenzione a temi quali la salute materno-infantile, le malattie tropicali neglette e il rafforzamento dei sistemi sanitari.
    Gli appunti critici alla nuova piattaforma riguardano la capacità e la competenza delle agenzie (GF e GAVI) di affrontare un tema complesso e multidimensionale quale il rafforzamento dei sistemi sanitari nei paesi poveri, o la loro credibilità in materia (Banca Mondiale).
    Rimane comunque apprezzabile la capacità del GF di orientarsi verso il superamento della frammentazione per il finanziamento della salute globale e l’adattamento allo spirito del tempo che propone complessità e integrazione come parole guida anche in politica sanitaria. Sempre che la nuova piattaforma promuova interventi allineati con le priorità e i programmi dei paesi, e non piuttosto li solleciti ad allinearsi alle impostazioni che la nuova iniziativa adotterà. Resta il bisogno, come chiosa un recente editoriale di Lancet, che le iniziative finanziarie globali si allarghino per includere obiettivi sanitari finora negletti, in particolare riguardanti la salute materna, neonatale e infantile. E che l’integrazione riguardi non solo i meccanismi finanziari e l’architettura dell’aiuto allo sviluppo ma anche i servizi sanitari, per garantire alle comunità in bisogno pacchetti sanitari integrati e continuità assistenziale. Al fine di promuovere l’efficacia degli interventi di prevenzione della trasmissione verticale materno-infantile dell’infezione HIV, ad esempio, i programmi di controllo dovrebbero essere integrati nei servizi di assistenza materno-neonatale-infantile garantendone il rafforzamento.
    Un simile auspicio connota l’iniziativa “15 by 2015” che reclama alle GHP di devolvere una parte consistente dei propri finanziamenti a favore di interventi di Primary Health Care comprensiva.
    Più oltre si spinge l’economista Jeffrey Sachs, consulente delle Nazioni Unite per gli Obiettivi del Millennio, che chiede al Global Fund di trasformarsi in Global Health Fund per occuparsi di sistemi sanitari e delle altre impellenti priorità per la salute globale.

  • AIDS: Diminuiscono le infezioni da HIV tra gli omosessuali

    01 FEB 2010 – swissinfo.ch – Per la prima volta dal 2001, lo scorso anno i casi di contaminazione dal virus HIV tra gli omosessuali sono diminuiti. È quanto emerge dalle statistiche pubblicate lunedì dall’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP).
    Complessivamente nel 2009 sono stati diagnosticati 591 nuovi casi di infezione da HIV, il virus responsabile dell’AIDS. Anche se probabilmente vi saranno ancora delle dichiarazioni tardive, verosimilmente si tratta della cifra più bassa degli ultimi nove anni.
    Nel 2001 i casi furono 631, mentre lo scorso anno 778.
    Il calo è stato particolarmente accentuato tra gli omosessuali e gli uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini: rispetto al 2008 sono stati registrati quasi 100 casi in meno (da 335 a 242), pari a una diminuzione del 25%. Anche per questa categoria, era dal 2001 che il numero di contaminazioni era in crescita. Secondo l’UFSP, questa “inversione di tendenza potrebbe iscriversi nella durata”.
    Per quanto riguarda gli altri gruppi di persone (eterosessuali e tossicodipendenti) le cifre sono stabili o in leggera diminuzione. L’UFSP non è in misura di spiegare il perché della diminuzione complessiva. “Dal monitoraggio dei comportamenti – si legge nell’articolo pubblicato sul bollettino settimanale dell’ufficio – non traspariscono grandi cambiamenti tra la popolazione o tra determinati gruppi in materia di protezione”.
    Per il momento è difficile anche stabilire un legame diretto tra questi risultati e le attività di prevenzione condotte in particolare tra gli omosessuali.

  • CARCERE: Lucca: la situazione sanitaria nel carcere di S. Giorgio è davvero preoccupante

    09 FEB 2010 – toscananews24.it – Cinque casi di Aids, 29 tossicodipendenze, 46 malati di epatite. Sono queste le patologie più diffuse nel carcere S. Giorgio di Lucca secondo il “report clinico” dell’Azienda Usl n. 2 analizzato in questi giorni dal “Gruppo Istituzionale Carcere ed Ufficio Esecuzione Penale Esterna”, coordinato dall’assessore provinciale alle politiche sociali Mario Regoli.
    L’indagine, realizzata su una struttura carceraria che presenta un ormai cronico sovraffollamento (168 detenuti su una capacità di accoglienza ottimale di 80 persone), fa emergere numerose e differenti problematiche cliniche, tale da sollecitare il “Gruppo istituzionale carcere” a chiedere un potenziamento del servizio sanitario, l’aumento della copertura della presenza della guardia medica nelle 24 ore e del servizio sociale, oltre ad una serie di interventi rivolti al miglioramento dell’assistenza infermieristica e psicologica. Le richieste saranno rivolte alla Regione, competente in materia attraverso le Aziende sanitarie, in forza di un Decreto ministeriale che, nel 2008, ha sancito il passaggio delle funzioni di assistenza sanitaria dal Ministero della Giustizia a quello della Salute.
    L’indagine indica anche la provenienza dei detenuti. Su 174 reclusi del S. Giorgio 65 sono gli italiani e 109 gli extracomunitari. Dei 65 italiani, 13 sono di Lucca e 18 di Viareggio e 34 arrivano da fuori provincia. Tra gli stranieri, 48 provengono dal Marocco, 10 dall’Albania, 18 dalla Tunisia, 14 dalla Romania, 6 dall’Algeria, 13 da altri Paesi.
    La “fotografia” della situazione sanitaria all’intero del carcere di Lucca, indica dettagli interessanti sotto l’aspetto delle patologie diffuse.
    Numerosi i detenuti tossicodipendenti: a fronte di 29 casi accertati, ben 48 risultano quelli dichiarati. Piuttosto diffusi anche i disturbi all’apparato digerente (45), così come le epatiti, 36 i “B” e 10 “C”. Gli alcoldipendenti accertati sono 4 a fronte di 20 dichiarati; 5 le patologie all’apparato cardiovascolare, 5 a quello respiratorio, 8 i casi di disturbi mentali e 3 di diabete. Quattro i detenuti affetti da ipertensione, 4 le patologie renali. Sono 5, inoltre, i casi di Aids, 1 di sifilide, 6 le sofferenze osteoarticolari, 4 le patologie otoiatriche, 1 sordomutismo e 1 ipertiroidismo.
    “Il passaggio di competenze di assistenza sanitaria nelle carceri alle Aziende sanitarie – dichiara l’assessore provinciale alle politiche sociali Mario Regoli – è stato positivo. La Regione e l’Azienda sanitaria Lucca 2 hanno stanziato risorse consistenti, ma la situazione carceraria, delicata e difficile in tutta Italia soprattutto a causa del sovraffollamento, impone uno sforzo in più. Ci impegneremo affinché siano garantiti livelli di cura e di assistenza all’altezza per tutti i detenuti, anche attraverso la fornitura di apparecchiature e strumentazioni adeguate”.
    Si terrà il 22 febbraio alle ore 18.00 alla casa San Francesco, nell’omonima piazza, il secondo incontro che l’associazione “Gruppo Volontari Carcere” ha organizzato nell’ambito dell’iniziativa “Il gruppo incontra le istituzioni locali”.
    Il sodalizio, che da oltre trent’anni opera sul territorio, approfondirà le problematiche della casa circondariale di Lucca con gli amministratori della Provincia, dopo aver incontrato, a dicembre, il sindaco e i referenti delle politiche sociali del Comune di Lucca.
    Nell’occasione, parteciperanno il presidente dell’amministrazione provinciale Stefano Baccelli, gli assessori provinciali Mario Regoli e Valentina Cesaretti, oltre alla dirigente del servizio sociale dell’ente Rosanna Sebastiani.

  • CARCERE: LILA contro AIDS diffondere profilattici e siringhe

    8 FEB 2010 – unita.it – La Lega italiana per la lotta contro l’Aids (Lila) ribadisce come profilattici e siringhe sterili in carcere siano un valido strumento di prevenzione dell’Hiv e, per questo, cita anche quanto pubblicato sul sito del Dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio: ”I trattamenti sostituiti devono essere introdotti nelle carceri come parte dei programmi di prevenzione dell’infezione Hiv che prevedono la distribuzione di profilattici e siringhe sterili”. La Lila cosi’ risponde al ministro della Salute, Ferruccio Fazio che, in occasione della giornata mondiale contro l’Aids, aveva dichiarato ad Anlaids notizie (periodico bimestrale dell’Associazione mazionale per la lotta contro l’aids) che ”non esistono evidenze di efficacia di tali interventi nel ridurre la trasmissione dell’infezione da hiv”. L’associazione, pero’, ha risposto con una lettera al ministro spiegandogli di ”essere andato contro le indicazioni di Organizzazione mondiale della sanita’, Nazioni Unite, Consiglio d’Europa e la letteratura scientifica”. In Italia ”il sesso in carcere e’ praticato e non attende certo la nostra legittimazione – spiega Alessandra Cerioli, presidente Lila – ma non puo’ essere sicuro. Cosi’ come esiste, per quanto proibito, il consumo di stupefacenti, ma non con aghi sterili”. In Italia, secondo quanto riporta una nota della Lila, la percentuale di detenuti sieropositivi degli Istituti penitenziari e’ del 7%.

  • CARCERE: Dipartimento antidroga, in carcere nessuna emergenza

    9 FEB 2010 – asca.it – Non vi e’ nessuno stato emergenziale nei penitenziari italiane per il diffondersi dell’Aids tra la popolazione carceraria e non c’e’ nessun contrasto tra il Dipartimento delle politiche antidroga del governo e il Ministero della Salute, sulla distribuzione di siringhe e profilattici in carcere.Lo precisa lo stesso Dpa, in una nota di risposta ad alcune affermazione dell’associazione Lila al riguardo.
    Il Dipartimento precisa, poi, che ”non ci sono evidenze che dimostrino che l’ incidenza e cioe’ il numero di nuovi casi di infezione da Hiv (e non la semplice prevalenza e cioe’ il numero delle persone gia’ infette) nelle carceri italiane sia elevata o si possa pensare, anche sulla base di casi aneddotici, che vi possa essere un reale problema di sanita’ pubblica al di la’ del rischio teorico”.
    ”Prima di pensare a qualsiasi azione preventiva all’interno delle carceri – si aggiunge – e’ necessario considerare i dati reali che ad oggi, seppur scarsi, non depongono per l’esistenza di emergenze infettive in quegli ambienti”.

  • CARCERE: Il dipartimento antidroga smentisce il Ministro della Salute Fazio

    8 FEB 2010 – imgpress.it – La LILA dà il benvenuto al nuovo sito del Dipartimento Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, lanciato la scorsa settimana, dove ha trovato una gradita sorpresa.
    Il Dpa ha infatti messo in home page una ricerca su “Carcere e tossicodipendenza: efficacia delle terapie sostitutive per la riduzione dell’HIV” pubblicata da Addiction. Una “review” della letteratura sulla prevenzione del danno in ambito carcerario, che testualmente recita: “I trattamenti sostitutivi devono essere introdotti nelle carceri come parte di programmi di prevenzione dell’infezione da Hiv che prevedono la distribuzione di profilattici e siringhe sterili”.
    La Lila ricorda che tali programmi non sono previsti nelle carceri italiane, e che il ministro della Salute Fazio, competente anche per la medicina penitenziaria, in occasione della Giornata mondiale contro l’Aids, lo scorso 1° dicembre, ha dichiarato ad AnlaidsNotizie che «non esistono evidenze di efficacia di tali interventi nel ridurre la trasmissione dell’infezione da Hiv». Mentre la disponibilità di preservativi per i detenuti «può apparire come una legittimazione dell’omosessualita coatta».
    La presidente Lila Alessandra Cerioli ha risposto a gennaio al ministro Fazio con una lettera, indicandogli le opposte conclusioni e indicazioni di Organizzazione mondiale della Sanità, Nazioni Unite, Consiglio d’Europa e della letteratura scientifica. Sottolineando che in Italia “il sesso in carcere è praticato, e non attende certo la nostra “legittimazione”, ma non può essere “safe”.
    Così come esiste, per quanto altrettanto proibito, il consumo di stupefacenti, ma non con aghi sterili”, a differenza di quanto accade in altri Paesi, dove la riduzione del danno invece è ammessa anche in ambito carcerario.
    La percentuale di detenuti sieropositivi negli Istituti penitenziari italiani è stimata essere del 7 per cento, ma questo dato eclatante non sembra interessare il ministro Fazio, che appare invece più preoccupato di non “incentivare l’omosessualità”, forse considerata un male peggiore dell’Hiv/Aids.
    Per fortuna a ristabilire la verità ci pensa il Dipartimento Antidroga del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Carlo Giovanardi. La Lila consiglia perciò al ministro Fazio, che ancora non si è degnato di rispondere alla nostra lettera, una visita al suo nuovo sito: www.droganews.it

  • CARCERE: “Caro Fazio, cominciamo a discuterne”. Leopoldo Grosso scrive al ministro della Salute

    6 FEB 2010 – gruppoabele.org – Dopo i rilievi della Lega Italiana per la  Lotta contro l’AIDS (LILA) al ministro della Salute Ferruccio Fazio, Leopoldo Grosso (vicepresidente del Gruppo Abele e membro della Consulta degli esperti presso il dipartimento politiche antidroga) scrive al ministro “Ciò che chiede la Lila è che di tali problemi si cominci almeno a discutere in termini fattivi e orientati alla situazione” (pubblicato l’11 febbraio 2010)

    Al Ministro della Salute, Professor Ferruccio Fazio
    A proposito delle dichiarazioni rilasciate dal ministro della Salute, è doveroso da parte nostra fare alcune precisazioni. E’ noto a tutti quali siano i problemi sanitari in carcere tra cui l’alta prevalenzaN di infezioni da Hiv ed epatiti.
    Ciò che chiede la Lila è che di tali problemi si cominci almeno a discutere in termini fattivi ed orientati alla situazione. E’ bene precisare che non sono problemi che riguardano l’emergenza. SonoM invece costitutivi di una condizione carceraria oggi particolarmente deteriorata dalla situazione di sovraffollamento che si è venuta a creare in tutte le case circondariali. La maggior parte della documentazione internazionale ed europea al riguardo (Oms, Emccda, Unione Europea…), segnala la problematica della salute e delle infezioni come una priorità dell’intervento in carcere, la cui pena priva i detenuti del diritto alla libertà ma non di tutti gli altri diritti in quanto persone.
    La disponibilità di presidi sanitari che tutelino dalle infezioni è già pratica comune di molte esperienze europee. Tale documentazione è anche rinvenibile sul portale informativo Droganews.
    Gli studi che sottolineano l’importanza di tutte le misure che limitano e contengono la diffusione delle infezioni in carcere sono ormai ampi ed univoci. Ed è sulla base di tali studi che vorremmo si potesse discutere a tutto campo sugli interventi di prevenzione secondaria e terziaria all’interno degli istituti di pena.
    Nel contingente l’attuale situazione delle carceri è resa ancora più drammatica in regime di sovraffollamento, dal passaggio in atto della gestione dello stato di salute dei detenuti dalla medicina penitenziaria al Sistema Sanitario Nazionale.
    Le difficoltà di tale passaggio, tuttora alla ricerca di un impianto organizzativo soddisfacente,rischiano di soffocare l’uguale diritto alla salute di cui sono titolari tutte le persone.

    Leopoldo Grosso – Vice Presidente associazione Gruppo Abele, membro della Consulta degli esperti presso il Dipartimento Politiche Antidroga

  • CARCERE: Sintonia totale con il Ministero Della Salute

    politiche antidroga.it – Il Dipartimento Politiche Antidroga, riguardo a quanto affermato dalla LILA relativamente alla distribuzione di siringhe e profilattici nelle carceri, precisa quanto segue: non c’è alcuna discordanza tra la posizione del DPA ed il Ministero della Salute, relativamente alla distribuzione di tali presidi in carcere.
    Le frasi che ci sono state attribuite non corrispondono ad una nostra posizione ufficiale ma sono contenute in uno studio, riportato (al pari di tutti gli altri studi) nel portale informativo Droganews. Questa ricerca è stata eseguita dal National Drug and Alcohol Research Centre (NDARC), della University of New South Wales di Sidney, in Australia dove le condizioni di rischio sono ben diverse da quelle italiane.
    Inoltre non ci sono evidenze che dimostrino, che l’ incidenza e cioè il numero di nuovi casi di infezione da HIV (e non la semplice prevalenza e cioè il numero delle persone già infette) nelle carceri italiane sia elevata o si possa pensare, anche sulla base di casi aneddotici, che vi possa essere un reale problema di sanità pubblica al di là del rischio teorico. Crediamo invece che sia scorretto e inaccettabile l’intenzionale deformazione delle informazioni per creare una artificiale quanto inesistente contraddizione tra strutture Governative.
    Prima di pensare a qualsiasi azione preventiva all’interno delle carceri è necessario considerare i dati reali ,che ad oggi seppur scarsi non depongono per l’ esistenza di emergenze infettive in quegli ambienti. Evidenziamo, anche il pericolo che potrebbe esserci nel fornire siringhe potenzialmente utilizzabili anche come armi improprie nei confronti sia dei detenuti che degli agenti.
    Ci dispiace infine che l’associazione LILA invece di percorrere la strada del dialogo e dell’approfondimento tecnico del problema, abbia invece spostato l’attenzione tentando di creare una pretestuosa polemica tra Istituzioni.

  • PREVENZIONE: Il preservativo fa parte della dotazione di base

    8 FEB 2010 – news.admin.ch – La diffusione del messaggio «Troppa fretta per pensare al preservativo?» nell’ambito della campagna LOVE LIFE STOP AIDS, avviata dall’Ufficio federale della sanità pubblica e da Aiuto Aids Svizzero, entra nella sua seconda fase. Un nuovo spot televisivo di cinque secondi e alcune frasi provocatorie dovranno servire per ricordare alla popolazione che in situazioni rischiose bisogna proteggersi mediante l’uso del preservativo.
    In concomitanza con l’inizio del carnevale, l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) e Aiuto Aids Svizzero (AAS) lanciano un nuovo breve spot televisivo della campagna «Troppa fretta per pensare al preservativo?» in numerosi Cantoni della Svizzera. In questo breve filmato – come era già stato il caso per gli spot precedenti – si tematizza il rapporto sessuale spontaneo tra due persone che si sono appena conosciute.
    Il fatto che l’inizio del periodo carnevalesco coincida con l’avvio della campagna LOVE LIFE STOP AIDS non è casuale. È infatti risaputo che, in questo periodo, molti tendono a soprassedere alla fedeltà e, favoriti da un’atmosfera di allegria per le abbondanti libagioni, hanno più facilmente rapporti sessuali rispetto a quanto non succederebbe in momenti di maggior sobrietà.
    Come è stato il caso l’anno scorso, la campagna multimediale intende ricordare le regole per il sesso sicuro: niente penetrazione senza preservativo, sperma e sangue mai a contatto con la bocca. Chi dovesse comunque avere rapporti sessuali non protetti, può valutare il rischio corso consultando il sito www.check-your-lovelife.ch e decidere se sia il caso di eseguire un test dell’HIV nonché informarsi su dove sia possibile farlo. Rimane altresì invariata la raccomandazione di avere sempre con sé un preservativo per situazioni impreviste. Avendolo a disposizione, diventa più difficile dimenticarsene.

  • AIDS: Cina: epidemia di Aids «psicosomatica»?

    10 FEB 2010 – corriere.it – MILANO – Le stime sostenevano che entro il 2010 (e dunque ci siamo) in Cina ci sarebbero stati 10 milioni di sieropositivi al virus Hiv. Ma al di là della situazione del contagio, definita drammatica, e delle politiche lacunose da parte delle autorità, in Cina si sta diffondendo uno strano fenomeno: gente che denuncia i sintomi tipici dell’Aids senza risultare positiva all’HIV. E l’elemento più sorprendente è dato dalla diffidenza dei pazienti verso le autorità sanitarie, incapaci di rassicurare i «malati» anche a fronte di prove scientifiche di non contagio.
    DELIRIO COLLETTIVO? – La Bbc parla di vari casi di pazienti impossibili da tranquillizzare e delle difficoltà del personale medico a fronte di un fenomeno ormai dilagante e impegnativo da gestire psicologicamente. In passato, le autorità cinesi sono state accusate di celare varie epidemie, (per esempio la Sars) e si è registrata un’inevitabile rottura del rapporto di fiducia verso i medici. La gente guarda con sospetto agli ospedali e non si fida di diagnosi di perfetta salute. Inoltre Pechino ha imposto negli anni scorsi pesanti restrizioni alle organizzazioni umanitarie impegnate nella lotta all’Aids, come riferisce un rapporto dal titolo esplicito «Restrictions on Aids Activists in China». Naturale che ora che la lotta alla peste del secolo necessiterebbe anche della mobilitazione della società civile i nodi vengano al pettine. Manca la sensibilizzazione della società, mancano l’informazione adeguata delle persone e la fiducia nelle istituzioni. I medici del Pasteur Institute di Shanghai hanno iniziato a ricevere lettere di presunti malati ad agosto e da lì in poi la paura è cresciuta a dismisura, accompagnata da segnalazioni galoppanti e spesso false.
    SENSO DI COLPA E VIRALITÀ DELLA RETE – A contribuire al fenomeno è stato anche il web, che con la sua viralità e le sue community ha finito per rinforzare i presunti malati immaginari. Del resto le informazioni parlano di cifre oggettivamente preoccupanti e solo il caso di Henan, zona rurale vicino a Pechino dove si è verificata una politica di raccolta e vendita di sangue non controllato, parlerebbe di «contagio» di circa un milione di persone. Ma ci sarebbe anche un’altra variabile in grado di amplificare la possibile suggestione da Hiv: il senso di colpa. Molti uomini che hanno avuto rapporti sessuali con prostitute manifestano il proprio senso di colpa attraverso sintomi psicosomatici che hanno una valenza auto-punitiva. Fisici o mentali che siano, gli effetti di questa condizione collettiva stanno diventando devastanti.

  • AIDS: Scoperto l’enzima che permette all’Hiv di replicarsi

    4 feb 2010 – rainews24.rai.it – Finalmente nota la struttura dell’enzima chiamato integrasi, una delle principali armi che il virus Hiv utilizza per diffondersi.Lo studio, pubblicato su Nature, e’ stato condotto in collaborazione fra Gran Bretagna e Stati Uniti: dall’Imperial College di Londra e dall’universita’ di Harvard.
    Utilizzando la tecnica della cristallografia, i ricercatori sono riusciti a ricostruire la struttura tridimensionale dell’enzima che il virus Hiv utilizza per ”impadronirsi” della cellula.
    I ricercatoti sono riusciti a sviluppare un cristallo di alta qualita’, copia perfetta dell’integrasi, il passepartout che permette al virus, responsabile dell’Aids, di copiare il suo codice genetico nel Dna del paziente infettato, replicandosi e colonizzando l’organismo ospite. In realta’ sul mercato esistevano gia’ dei farmaci (l’Isentress della Merck & Co e l’elvitegravir della Gilead Sciences), gli inibitori dell’integrasi, capaci di bloccare l’attivita’ dell’enzima ma la loro efficacia era casuale perche’ i medici non avevano ancora capito come funzionassero. Ora avendone svelato i meccanismi le case farmaceutiche saranno in grado d realizzare nuovi farmaci piu’ mirati ed efficaci.

  • AIDS: Nuova scoperta per bloccare il virus

    3 FEB 2010 – farmacia.it – Scoperto dopo diversi anni di ricerche l’enzima responsabile della diffusione dell’Aids. A dare la notizia i ricercatori dell’Imperial College di Londra e i colleghi americani dell’università di Harvard. Lo studio pubblicato sulla rivista Nature, potrà consentire lo sviluppo di nuovi farmaci antiretrovirali più efficaci.

    Il risultato della scoperta, frutto degli ultimi 4 anni di lavoro e di oltre 40mil test, è stato ottenuto con la tecnica della cristallografia; nello specifico i ricercatori hanno individuato la struttura dell’enzima “integrasi” che permette all’HIV di propagarsi.

    Capito il meccanismo del come bloccare questo enzima, le case farmaceutiche avranno la possibilità di realizzare farmaci più mirati rispetto a quelli esistenti in commercio.