Notizie dall’Italia e dal mondo 21/12/09

Sommario delle notizie:

  • AIDS: Allo studio vaccino terapeutico su misura, 3 infezioni battono virus = immunizzazione personalizzata da ricercatori canadesi

  • CARCERI/ Oss. morti carcere: Suicidi 3 volte inferiori in 6 anni –  Il 30% tossicodipendente; utilizzare misure alternative

  • CARCERI: Il sovraffollamento che ammala

  • CINA: La lunga marcia del preservativo

  • AIDS: UNITAID, brevetti condivisi per accesso farmaci più facile

——————————————

  • AIDS: Allo studio vaccino terapeutico su misura, 3 infezioni battono virus = immunizzazione personalizzata da ricercatori canadesi

    Roma, 21 DIC 2009 (Adnkronos/Adnkronos Salute) – Un vaccinò personalizzato contro l’Aids, in grado cioè di garantire un’immunizzazione su misurà alle persone già infettate. È il trattamento a cui stanno lavorando i ricercatori canadesi dell’università McGill, a Montreal, diretti da Jean-Pierre Routy in collaborazione con Rafick Sèkaly, ‘cervellò canadese emigrato negli Usa. Lo studio, per il quale si è già conclusa con successo la prima fase sperimentale, ritaglià sul paziente la cura attraverso un particolare sistema. In un primo tempo, infatti, si prelevano dal paziente le cellule dendritiche, i ‘direttori d’orchestrà del sistema immunitario. In provetta, poi, i ricercatori le espongono a materiale genetico del virus sempre del paziente. Le cellule vengono poi reiniettate nell’organismo del malato. E sono sufficienti tre iniezioni per aumentare la risposta immunitaria e quindi per ridurre la carica virale al minimo.
    Il vaccino terapeutico, che potrebbe essere disponibile nel giro di pochi anni, rappresenta secondo i ricercatori un’arma più efficace per lottare contro la malattia rispetto agli attuali cocktail di antivirali oggi in uso. Lo studio sta già terminando la sua seconda fase sperimentale, durante la quale in 8 centri canadesi il nuovo sistema di immunizzazione su misura è stato utilizzato come unica terapia.

  • Carceri/ Oss. morti carcere: Suicidi 3 volte inferiori in 6 anni –  Il 30% tossicodipendente; utilizzare misure alternative

    Apcom Roma, 20 DIC 2009  – Negli anni ’60, i suicidi in carcere erano 3 volte meno frequenti di oggi, i tentativi di suicidio addirittura 15 volte meno frequenti “e non certamente perché a quell’epoca i detenuti vivessero meglio”. Secondo i dati dell’Osservatorio permanente sulle morti in carcere, di cui fanno parte Radicali italiani, Associazione ‘Il detenuto ignoto’, Associazione Antigone, Associazione ‘A buon diritto, redazione di ‘Radio Carcere, redazione di Ristretti orizzonti, i morti sarebbero molti meno “se nel carcere – affermano – non fossero rinchiuse decine di migliaia di persone che, ben lontane dall’essere criminali professionali, provengono piuttosto da realtà di emarginazione sociale, da storie decennali di tossicodipendenza, spesso affette da malattie mentali e fisiche gravi, spesso poverissime”. Oggi, il 30% dei detenuti è tossicodipendente, il 10% ha una malattia mentale, il 5% è sieropositivo Hiv, il 60% ha una qualche forma di epatite. E in carcere ci sono paraplegici e mutilati, a Parma c’è una sezione detentiva per minorati fisici. Le misure alternative alla detenzione vengono concesse con il contagocce: prima dell’indulto del 2006 c’erano 60mila detenuti e 50mila condannati in misura alternativa; oggi ci sono 66mila detenuti e soltanto 12mila persone in misura alternativa. Più della metà dei detenuti è in attesa di giudizio, mentre 30.500 stanno scontando una condanna: di questi, quasi 10mila hanno un residuo pena inferiore a 1 anno e altri 10mila compreso tra 1 e 3 anni. “Molti di loro – concludono dall’Osservatorio – potrebbero essere affidati ai servizi sociali, anziché stare in cella: ne gioverebbero le sovraffollate galere e, forse, anche la conta dei morti di carcere registrerebbe una pausa”.

  • CARCERI: Il sovraffollamento che ammala

    da galilonet.it, 18 DIC 2009 – Un anno e mezzo fa in molti festeggiarono il passaggio della medicina penitenziaria dal Ministero di Giustizia al Sistema Sanitario Nazionale. Il DPCM del primo aprile 2008 stabiliva infatti un sacrosanto principio di uguaglianza tra tutti gli individui: i detenuti malati hanno diritto di usufruire delle stesse strutture e delle stesse cure dei cittadini liberi. Il che avrebbe dovuto significare anche un miglioramento dei servizi. È andata veramente così? A sentire le relazioni presentate ieri, 17 dicembre, a Roma al Convegno Nazionale del Forum per il Diritto alla Salute in Carcere – una onlus nata con l’intento di monitorare il funzionamento dell’assistenza sanitaria ai detenuti – sembrerebbe che la riforma si sia piuttosto fermata ai buoni propositi, mentre le nostre carceri sono sempre più affollate di malati cronici. Con le stesse percentuali più o meno del periodo pre-riforma: il 38 per cento dei detenuti affetto da epatite C, il 25 per cento positivo al test della Tbc, il 7 per cento sieropositivo. 
Qualcosa evidentemente non ha funzionato. Forse perché non ci si immaginava di dovere fare i conti con un sovraffollamento degli istituti penitenziari senza precedenti nella storia del nostro paese: 66.000 detenuti a fronte di una capienza massima di 40.000. “Il sovraffollamento – spiega Alessandro Margara membro del Direttivo del Forum – ha profonde conseguenze sulla salute dei detenuti e sull’organizzazione dei servizi. Basta pensare alle risorse idriche e a quelle energetiche che diventano insufficienti se gli utenti sono più del previsto. Il che significa meno acqua per l’igiene personale e per la pulizia dei locali, una riduzione del riscaldamento e dell’illuminazione con conseguenze sia sul fisico che sulla mente”. 
E se è vero, come sostiene Bruno Benigni, presidente del Centro Basaglia di Arezzo e mebro del Forum, che la popolazione carceraria cresce al ritmo di 800 nuovi ingressi al mese, la situazione non è destinata a migliorare. È chiaro quindi che finché in sette metri e mezzo resteranno stipate tre persone, come accade soprattutto nelle prigioni metropolitane, ammalarsi in carcere sarà sempre più facile. Non a caso, sia la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo sia il Comitato del Consiglio Europeo per la prevenzione della tortura hanno ufficialmente “disapprovato” la situazione delle nostre carceri.
La soluzione? Costruire nuove carceri, dice il governo. Ma la proposta non piace a nessuno degli intervenuti al convegno. Non convince Bruno Benigni perché le nuove prigioni  non sarebbero “territorializzate” e quindi incapaci di creare quel legame con la società utile al reinserimento del detenuto. E non fa presa neanche su Patrizio Gonnella di Associazione Antigone che ha in mente tutt’altra strada, fatta di misure alternative, depenalizzazione di alcuni reati, riforma del codice penale. Spingendosi a immaginare il ricorso alle liste di attesa penitenziarie, una garanzia giuridica che dovrebbe funzionare più o meno così: “Nessuno può essere incarcerato se non gli sono garantiti gli spazi fisici fissati dalle normative europee”.
    Questo per quanto riguarda i lunghi periodi. A breve termine il Forum si aspetta però di chiudere almeno le due più urgenti questioni ancora irrisolte: il recepimento della rifoma della sanità penitenziaria da parte delle regioni a statuto speciale e delle provincie autonome di Trento e Bolzano, e l’assegnazione delle risorse per finanziarie alle regioni previste per il 2009, per progetti di prevenzione della salute nelle carceri.

  • CINA: La lunga marcia del preservativo

    da blog.panorama.it, 16 DIC 2009 – “Alcuni anni fa sceglievano i preservativi cercando di non farsi notare. Oggi le coppie li selezionano invece insieme” nota la commessa di un supermercato di Pechino della catena americana Watsons, in un’intervista al China Daily, quotidiano cinese semiufficiale in lingua inglese.
    E in effetti, in tutti i supermercati, gli scaffali sono pieni zeppi di confezioni di condom di ogni genere e colore. In Cina il consumo di preservativi registra un boom: nel 2006 i cinesi hanno acquistato 2 miliardi di preservativi, quarti al mondo dopo britannici, statunitensi e giapponesi.
Da allora le vendite annuali nel paese sono aumentate del 15 per cento arrivando a sfiorare i 3 miliardi di unità. Le marche disponibili sul mercato sono circa 2 mila, prodotte da 120 aziende. Il fenomeno è dovuto a costumi sessuali più liberi rispetto ai tempi dell’ortodossia maoista, quando le rigidità morali indotte dall’ideologia vietavano perfino di tenersi per mano in pubblico, ma anche di un incubo chiamato «Aizibing» (aids), che in Cina ha già colpito centinaia di migliaia di persone (sono fra 560 e 920 mila i sieropositivi e fra 97 e 112 mila i malati conclamati, stando solo ai dati ufficiali, pesantemente sottostimati).
    Il risultato è che oltre 6 miliardi di preservativi sono usciti dalle fabbriche cinesi nel 2009, secondo i dati forniti dalla Gobon, maggior produttrice cinese di condom con oltre 710 milioni di pezzi quest’anno, per metà destinati ai mercati europei, statunitense e africani. Il 30 per cento della produzione Gobon, inoltre, viene acquistato direttamente dal governo che, per contrastare il contagio del virus Hiv, organizza forum, campagne pubblicitarie e fiere del sesso con distribuzione di profilattici. Durante gli anni Ottanta e Novanta, infatti, in intere province, come quella poverissima dell’Henan, uomini d’affari senza scrupoli, protetti da funzionari corrotti del Partito comunista cinese, avevano organizzato un traffico di trasfusioni di sangue senza alcuna garanzia per i donatori.
    Il risultato era stato un rapido sviluppo del contagio, tanto che interi villaggi di quell’area si erano trasformati in lazzaretti, nei quali la maggior parte degli abitanti era malata. Il numero dei sieropositivi nel frattempo è cresciuto: colpa della prostituzione, un business da decine di miliardi di euro l’anno, in rapida ascesa.
    Nelle scorse settimane Yan Deli, «xiaojie» (prostituta) malata di aids, ha pubblicato sul proprio blog una lista dei clienti infettati, tenendo tutti con il fiato sospeso per giorni. La storia si è in seguito rivelata una truffa architettata dall’ex convivente della donna, ma resta il fatto che molte prostitute rinunciano all’uso del preservativo. Anche l’omosessualità, non più considerata tabù nella società cinese (sono 30 milioni gli omosessuali stimati in Cina), contribuisce, secondo le autorità, alla diffusione del contagio.
    Se ne parla sempre di più sulla stampa e negli ultimi giorni l’agenzia d’informazione governativa Nuova Cina ha dato conto di diverse iniziative in locali gay, uno dei quali finanziato dal governo a Dali, provincia dello Yunnan, proprio per educare gli omosessuali all’uso del preservativo. Un tempo il partito vegliava sulla moralità dell’intero paese, oggi gli basterebbe garantire la salute.

  • AIDS: UNITAID, brevetti condivisi per accesso farmaci più facile

    AGI – Roma, 15 DIC 2009 – Il consiglio direttivo dell’Unitaid, l’agenzia internazionale per l’acquisto dei farmaci, ha approvato la creazione di un ‘patent pool’ per i farmaci contro l’Aids. Lo riferisce una nota di Medici senza Frontiere (Msf), che parla di “passo decisivo” per migliorare l’accesso ai farmaci nel sud del mondo e spiega che il patent pool e’ un meccanismo che permette la condivisione di un certo numero di brevetti detenuti da piu’ soggetti e li rende disponibili agli altri membri del consorzio, che di conseguenza li possono produrre o sviluppare ulteriormente. “Sebbene siamo ancora agli inizi, il patent pool potrebbe diventare un meccanismo in grado di offrire sistematicamente licenze ai produttori di farmaci generici, riducendo i prezzi e facilitando la combinazione di farmaci di differenti case farmaceutiche in formulazioni a dose fissa”, ha spiegato Tido von Schoen-Angerer, direttore della Campagna per l’Accesso ai farmaci essenziali di Msf. Il consiglio direttivo Unitaid ha deciso di mettere in piedi e finanziare l’agenzia che gestira’ il patent pool. Una volta creata, sara’ quindi possibile avviare negoziazioni formali con le case farmaceutiche. “Questa e’ una decisione importante, ma il patent pool sara’ giudicato sulla base dei risultati sui pazienti”, ha aggiunto Michelle Childs, responsabile delle relazioni istituzionali per Msf, “siamo stati incoraggiati dalle risposte positive di numerose case farmaceutiche alla nostra campagna. Adesso i detentori di brevetti devono passare dalle dichiarazioni di sostegno a un deciso e formale impegno a concedere le licenze. Rivolgiamo loro un appello affinche’ lo facciano. E cio’ deve accedere velocemente, poiche’ per milioni di pazienti il tempo a disposizione e’ poco”. Il consiglio direttivo Unitaid ha confermato che questo patent pool e’ per tutti i Paesi in via di sviluppo, ma poiche’ e’ un meccanismo volontario il risultato finale dipende dalla decisione dei detentori di brevetti. “I Paesi poveri”, ha concluso Childs, “possono ancora utilizzare gli strumenti legali a loro disposizione come le licenze obbligatorie o le leggi sui brevetti a favore della salute per garantire l’accesso della persone ai farmaci salvavita di cui hanno bisogno”.